Per essere aggiornato sulle uscite dei prossimi capitoli


Episodio 1Episodio 2Episodio 3


La storia

di Marco Olivieri



Episodio 3 - Il vecchio Bill

L’assoluto silenzio che regnava nella piccola camera da letto sembrava quasi voler ignorare quei lontani ed ovattati rumori del giorno provenienti dall’esterno.
All’interno, ogni cosa era ammantata da una quieta oscurità. Solo una debole luce, che filtrava attraverso i piccoli fori delle tapparelle alle finestre, riusciva a malapena a definire il caos totale in cui era ridotta tutta la stanza.
La maggior parte dei vestiti era sparsa a terra o gettata sulla sedia di fronte ad una piccola scrivania e uno svariato numero di scarpe giaceva spaiato a caso e un po’ ovunque. Un calzino penzolava dalla lampada su di un comodino, mentre il suo compagno era rimasto aggrappato per pochi centimetri ad un piede che fuoriusciva da sotto le coperte aggrovigliate sul fondo dell’unico letto che c'era in camera. Sopra a quel letto, un ragazzino con ancora indosso i vestiti della sera precedente dormiva saporitamente, sbavando con la faccia spiaccicata sul cuscino.
Ad assistere silenziosamente a quello spettacolo raccapricciante, c’era una moltitudine di poster ritraenti le più famigerate rock band della storia. Deep Purple, Led Zeppelin, Sex Pistols, Ramones e molti altri ancora, tappezzavano con le loro pose stravaganti quasi ogni centimetro delle pareti, come se fossero un’eccentrica carta da parati multicolore.
Nulla sembrava poter intaccare la placida stasi di quel momento. Nulla, finché…
«WAKE-UP!» gridò una voce dal cellulare «wake-up…» bisbigliò quella la stessa voce subito dopo.
Istintivamente, Timmy sbarrò gli occhi con la faccia ancora affondata nel guanciale.
«Grub-a-brash-and-put-a-little-makeup», gridò ancor più freneticamente quella maledetta voce.
Come un fiume in piena, tutti gli eventi degli ultimi due giorni riaffiorarono d’improvviso nella sua mente: la sera al Rockopolis, il giorno dopo in sala prove, l’incontro con Slide al Saint Patrick Pub, e Kaila…
“Oh no!” pensò Timmy terrorizzato “Kaila!!”
«Hide-the-scars-to-fade-away-the-shakeup!!», tornò a mitragliare la canzone.
Se i “System Of A Down” stavano cantando “Chop Suey” dal suo cellulare, allora voleva dire che era entrata in funzione la terza sveglia, quella di emergenza, quella che seguiva i “Clash” e gli “Iron Maiden”… quella che gli ricordava di avere almeno mezz'ora di ritardo… e dato che lui era il solo ad avere le chiavi della sala prove, in questo momento i suoi amici stavano probabilmente urlando il suo nome accompagnato da oscenità indicibili.
«You wanted to!!» martellò di nuovo lo smartphone.
Timmy balzò giù dal letto ancora stordito, incespicando su di un tappeto fatto di vestiti.
«You wanted to!!»
Si infilò le prime due scarpe che gli sembrarono uguali e afferrò il cellulare.
«You wanted to!!» gli gridò contro un’ultima volta prima di essere spento definitivamente.

Subito dopo, il ragazzo si lanciò fuori dalla stanza come se fosse alle prese con un’esercitazione antincendio. Fece le scale tre a tre, rischiando di capitolare almeno un paio di volte poi, una volta al piano di sotto, attraversò come una furia la cucina cercando di non attirare l’attenzione dei suoi familiari... ovviamente senza successo.
«Ciao a tutti, io esco», si affrettò a dire.
«Ma oggi è domenica e la colazione è pronta!» gli urlò sua madre alle prese con i fornelli, intravedendolo schizzare via come un proiettile. «Hai fatto almeno un po’ d’ordine in camera tua?».
«Ehm…», tentennò Timmy cercando le chiavi di casa tra i vari mazzi appesi vicino all’ingresso. «Sì, mamma»
«Ricordati che stasera stiamo dai nonni», gli ordinò suo padre senza staccare gli occhi dal giornale. «Quindi vedi di non fare tardi».
«Già, non come hai fatto stamattina con la tua ragazza!», lo ammonì il suo fratellino, mentre dal divano continuava a giocare alla Play-Station. «E’ più di mezz'ora che ti aspetta là fuori».
«Ragazza?», domandò la madre sorpresa. «Timothy Reginald Wingam, hai una ragazza e non hai neanche il buongusto di presentarla a tua madre!?»
Timmy era immobile e sconcertato. «Ma che vai blaterando, marmocchio?!», disse rivolto al fratello che intanto se la rideva di gusto. «Io non ho nessuna...», poi un pensiero terrificante gli congelò il corpo prim’ancora di concludersi.
Timmy abbandonò immediatamente la ricerca delle chiavi ed aprì il portone e si trovò di fronte il suo incubo peggiore.
Kaila lo stava aspettando con un’espressione furente in sella ad un vecchio scooter foderato di adesivi di ogni tipo di divieto. Dal fumare, al bere, dall’uso del flash al troppo rumore… qualsiasi cosa l’essere umano avesse deciso di vietare con un’immagine, era stampata sulla carena di quel motorino.
«Devo andare!!», disse Timmy uscendo di casa, affrettandosi a chiudere la porta alle sue spalle. « Ma... Ma che...? E... E come facevi a sapere dove abi...»
«Sei in ritardo!», sentenziò lei fissandolo con due occhi di un azzurro così intenso che sembravano cristalli di ghiaccio.
«Ehm…», tentennò lui palesemente spiazzato. «Sì, lo so, è che… veramente io credevo che ci saremmo visti alla sala prove con…»
«Io odio aspettare», replicò Kaila inamovibile.
«Certo, sì, capisco…», bofonchiò Timmy imbarazzato. «Ma sai, gli ultimi due giorni mi hanno stremato davvero, quindi io pensavo…»
«Ora sali e sta’ zitto», disse lei spostandosi leggermente in avanti per lasciare un piccolo spazio posteriore sulla sella.
«Ehm…», non che non si fidasse di lei, ma il fatto era che quella ragazza gli incuteva un terrore talmente viscerale che non voleva neanche immaginare di quali follie fosse capace con un ciclomotore. Gli era bastato vivere l’esperienza assurda con il tassista di SilverTown per capire che salire a bordo con dei pazzi scatenati alla guida era una cosa da evitare ad ogni costo.
«Allora, cosa aspetti? Un invito scritto?!», ripeté Kaila accendendo lo scooter con il pulsante vicino all’acceleratore. «Muoviti!»
«Ehm... Aspetta un attimo...», rispose Timmy arrancando con le parole, ma lo sguardo truce della ragazza non sembrò accettare affatto quell'ulteriore perdita di tempo. «ok, va bene, salgo, ma vai piano» proseguì lui sconsolato mettendosi a cavalcioni sul posto del passeggero.
«Reggiti!», lo interruppe Kaila dando la prima sgasata al motore.
«A cosa?!», gridò Timmy cercando con le mani un appiglio inesistente, prima di vedersi costretto a cinturare i fianchi della sua conduttrice, per non essere sbalzato via da quello scooter che era partito impennando sulla ruota posteriore.
Il viaggio verso la sala prove durò solo pochi minuti, eppure, per Timmy, quei pochi minuti furono i più lunghi e terribili della sua vita. A confronto con la guida di Kaila, il tassista di SilverTown era improvvisamente diventato un novellino con la "P" stampata sul parabrezza posteriore. Quella ragazzina era un piccolo demonio con i capelli fucsia sparati a caso e una catena attaccata tra naso e orecchio.
Quando lo scooter si fermò davanti alla porta della "Black Note", Timmy scese con un tremore incontrollabile alle mascelle che non era affatto dovuto al freddo.
«Ma... Ma sei impazzita?! Volevi forse farci ammazzare?», disse lui sconvolto. «Ti avevo anche chiesto di andare piano!»
«Piantala di fare il poppante!», replicò Kaila con il solito tono scostante. «Guarda che io sono andata piano. E comunque, dove sono finiti i tuoi amici?», chiese poi non vedendo nessuno nelle vicinanze.

Anche Timmy si guardò attorno perplesso. «Mah! Non saprei, dovrebbero essere già qui», disse mentre esaminava il suo cellulare in cerca di notifiche che spiegassero quel ritardo.
«Anche se dovremmo preoccuparci di quel teppista che abbiamo incontrato ieri, come si chiamava? … Slide… neanche lui si è presentato»
«Ti ho già detto che verrà», replicò lei aprendo la porta. «Tu pensa a contattare quegli idioti dei tuoi amici»
Timmy non nutriva molte speranze che quello strambo individuo si presentasse, ma non era il caso di mostrare troppa diffidenza ad una tipa col caratterino di Kaila «Stai tranquilla, probabilmente si saranno fermati dal vecchio Bill a far riparare qualche strumento», suggerì quindi, iniziando a far partire la prima chiamata.
«Spero proprio che sia così», osservò lei scura in volto dopo aver acceso la luce «perché qui dentro non c’è più nessun dannatissimo amplificatore del basso».
«Salve a tutti, bella gente». Una voce smaliziata attirò poi l’attenzione dei due ragazzi. «Stavate forse parlando di me?».
Non appena Timmy si voltò chiudendo la chiamata, vide un ammasso di capelli verdi sparati in avanti sul volto di un ragazzo con un’espressione compiaciuta alla “Fonzie”. Carismatico e un po' fuori dalle righe, Jim adorava presentarsi alle ragazze con quella battuta, nonostante ogni suo tentativo di fare colpo non avesse mai riscosso successo.
«Ma che cavolo di acconciatura è quella?», domandò Timmy perplesso che anche se ormai si era abituato alle stravaganze del suo amico, così conciato sfiorava il limite del ridicolo.
«Hai visto che roba?!?», chiese l’altro con fare goliardico. «L’ho chiamato “stile-a-freccia”. In questo modo punto direttamente all’obiettivo!». Poi si voltò a guardare Kaila che nel frattempo stava dando una sistemata alle aste della batteria.
«Ti conviene abbassare l’arco, “Robin Hood”», replicò lei sbuffando indispettita.
«Piuttosto, vedi di tirar fuori l’amplificatore del basso, prima che sia io a prenderti di mira»
Jim si irrigidì all’istante, ma non si perse d’animo. «Wow, calma e sangue freddo, zuccherino», disse muovendo i palmi delle mani verso il basso. «L’amplificatore è al negozio del vecchio Bill: faceva più rumore quel coso che un frigorifero rotto. Lo riporterà oggi stesso Carl prima di venire alle prove. Come vedi è tutto sotto controllo». Poi sorrise in direzione di Kaila… e quel sorriso gli costò caro.
La ragazza abbandonò la sua attenzione dalla morsa che regolava l’altezza del crash e si voltò per ricambiare quel ghigno sornione con uno sguardo glaciale.
«Ascoltami bene, “porcospino in fase prepuberale”, perché non ripeterò queste parole una seconda volta», disse lei con tono minaccioso. «L’unico motivo per cui sopporto la tua fastidiosa presenza è il doverci esibire insieme al Rockopolis tra meno di trenta giorni. Quindi, per evitare di arrivare a quella data senza un cantante, vedi di non parlarmi più, mai più… ma se proprio dovrai farlo, non usare nomignoli ridicoli come “zuccherino”, “dolcezza”, o “bambola”, perché sarebbero le ultime parole che pronuncerai in vita tua».
Un silenzio tombale calò sulla sala prove. Jim era impallidito e immobile, mentre Kaila lo incalzava con sguardo di sfida. Poi, dopo qualche istante, la ragazza riprese a parlare. «Perfetto», disse mostrandosi molto più rilassata. «Vedo che ci siamo capiti, quindi adesso puoi anche riprendere a respirare».
Jim non disse nulla, si limitò semplicemente a distogliere lo sguardo… anche se lui non era stato il solo ad essersela quasi fatta sotto. Timmy aveva assistito alla scena col fiato sospeso e il sangue gelato. Se prima di allora quella ragazzina era stata capace di intimorirlo, ora gli aveva proprio fatto paura.
Nessuna esitazione, nessun tentennamento, ma soprattutto, una sfrontatezza che i classici bulli di quartiere potevano solo scimmiottare. No, se c’era una persona che Timmy non avrebbe mai voluto come nemica, quella era proprio Kaila.
La porta della sala si riaprì d’improvviso, smorzando fortunatamente una tensione che si stava iniziando a tagliare con il coltello. Un ragazzo con lo sguardo fisso sul cellulare entrò senza dar conto a nessuno.
«Carl?», chiese sbigottito Timmy vedendo il suo amico con solo la chitarra e il proprio smartphone. «Dove… Dove diavolo hai lasciato l’amplificatore?».
L’altro ragazzo non sembrò affatto turbato dalla domanda. «Passa Jim a ritirarlo dal vecchio Bill, prima di venire alle prove», disse continuando a giochicchiare tranquillamente sul telefonino. Poi, quando anche lui si rese conto dello strano silenzio all’interno della sala, si guardò attorno. Tutti, compreso Jim, lo stavano fissando con espressione sconcertata.
«Uh! Ciao Jim, sei già qui?», disse come fosse la cosa più normale del mondo. «Ma dov’è l’amplificatore?».
«Avevi detto che ci saresti andato tu dal vecchio Bill, prima di venire alle prove!» gli urlò contro il cantante. «Veramente no», replicò Carl senza scomporsi davanti a quell’esplosione contrariata.
«Le tue parole di ieri sono state “passo io a prendere l’amplificatore del basso, anche se non credo affatto che Timmy e quella sciacquetta riusciranno a…”»
«Va bene, va bene, abbiamo capito», Intervenne Timmy sbrigativo, sperando che le parole di Carl non avessero già scatenato le furie della loro nuova batterista. Una speranza che purtroppo si sbriciolò in mille pezzi quando Kaila avanzò verso di lui scura in volto.
«Tu…», disse indicando Timmy che rimase ancora una volta folgorato da quel dito accusatore. «Vieni con me. Voi due», proseguì voltandosi verso Jim e Carl che ancora stavano confabulando su quello che si erano detti il giorno precedente.
«Rimanete qui e, per carità, se prima del nostro ritorno dovesse arrivare un tipo burbero dai capelli lunghi e la faccia sfatta, ditegli solo di aspettare, non rivolgetegli domande, non fate gli “amiconi”, né i finti vissuti.
Insomma, non cercate di rompere il ghiaccio con lui, perché potrebbe rompervi qualcosa addosso prima di andarsene. Spero di essere stata chiara», quindi, senza attendere una risposta, scosse la testa sconsolata e fece per uscire.
«Ehi, aspetta un attimo…». Timmy era perplesso. «Ma dove stiamo andando?».
«Mi sembra ovvio», replicò lei seccata. «A prendere quel maledetto amplificatore dal vecchio Bill». Quindi uscì dalla sala.

Il ragazzo le corse dietro contrariato, anche perché non farlo avrebbe probabilmente comportato delle conseguenze molto spiacevoli. «Ma non possiamo mandarci Jim e Carl, visto che avrebbero dovuto farlo loro?».
«Ed io dovrei rischiare che quei due idioti, incapaci perfino di mettersi d’accordo su chi avrebbe dovuto andare a prendere un maledetto amplificatore, ritornino a mani vuote e con qualche spiegazione assurda?», replicò lei visibilmente alterata, prima di rimettersi a sedere sul suo scooter.
Nel sentire di nuovo il rumore nefasto di quel motore, Timmy ebbe un colpo al cuore. «Ora sali», proseguì la ragazza con fare sbrigativo. «Spero solo che Slide non arrivi prima del nostro ritorno».
«Ma in fondo, non sappiamo neanche se arriverà», provò a temporeggiare Timmy quasi disperato, «magari possiamo andarci domani con tutta calma a ritirare l’amplificatore».
«Ti ho già detto che lui verrà». Questa volta il tono di Kaila non ammise repliche. «Ora piantala di perdere altro tempo e monta su».
«Aspetta!!!», disse Timmy con la netta sensazione di avere finalmente un’arguta osservazione da opporre. «Quell’amplificatore ci starà perfettamente nell’alloggio ai tuoi piedi, proprio lì, sotto al manubrio. Io ti darei solo fastidio».
«Che tu sia un fastidio, hai perfettamente ragione», disse lei con un sorriso beffardo. «Ma qualcuno dovrà pur pagare il vecchio Bill per il lavoro svolto e quel qualcuno non sarò certo io». Poi con una spinta smontò il cavalletto del motorino e si fece avanti per far posto al suo sfortunato passeggero. «Senza considerare il fatto che se dovessi trovare nel suo negozio qualcosa di interessante per la mia batteria, avrò bisogno di finanze».
Davanti a quelle affermazioni, Timmy si trovò ancora una volta a chiedersi cosa avesse mai fatto di così grave per meritarsi una sciagura come Kaila.
Il negozio del vecchio Bill non era molto distante dalla sala prove, il problema era che per raggiungerlo ci si doveva infilare in un dedalo infinito di vie strette e mal segnalate. Infatti, l’ingresso era costituito da un normalissimo portone in legno, senza vetrine o indicazioni che lo mettessero in evidenza, fatta eccezione per una piccola insegna riportante una sbiadita scritta che diceva semplicemente “Negozio”.
Chiunque fosse passato di lì per la prima volta non avrebbe mai potuto capire cosa vendesse esattamente quel “negozio”, anche se ben pochi erano gli sventurati che si inoltravano casualmente tra quegli angusti anfratti.
Improvvisamente, il frastuono di un motorino smarmittato irruppe nel silenzio più totale, imboccando controsenso la traversa su cui si affacciava l’ingresso del negozio. Quando lo scooter arrestò la sua corsa forsennata con una sgommata improvvisa della ruota posteriore, Timmy era ancora con le braccia serrate attorno alla vita di Kaila e la faccia appiccicata contro la sua schiena.
«Siamo morti?», chiese il ragazzo non sentendo più alcun rumore.
«Se non mi lasci entro tre secondi, lo sarai di certo», rispose lei cercando di divincolarsi dalla morsa alla quale era costretta.
Timmy alzò la testa, poi si guardò attorno stordito e con le orecchie ancora fischianti. Gli ci vollero all’incirca una decina di secondi per mettere a fuoco il luogo in cui si trovava, ma da quel poco che riusciva a capire, sembrava poter affermare di essere sopravvissuto anche a quell’assurdo viaggio.
«Sbrighiamoci a riprendere l’amplificatore», disse Kaila passandosi una rapida mano tra i capelli dopo aver lanciato una distratta occhiata allo specchietto retrovisore. «Slide potrebbe arrivare alla sala prove da un momento all’altro, quindi non perdiamoci in chiacchiere inutili».
Quell’affermazione causò in Timmy un colpo di risata involontario. Si vedeva proprio che quella incosciente non conosceva affatto il vecchio Bill. Sull’uomo che dirigeva quell’attività commerciale non si poteva certo dire che avesse un gran senso degli affari, ma in quanto a musica, non conosceva eguali… e soprattutto, voleva farlo sapere.
Potevi trovare il suo negozio aperto per trecentosessantacinque giorni l'anno… e non esisteva un solo cliente che fosse entrato, avesse comprato ciò che gli serviva e se ne fosse andato in un paio di minuti. Se il vecchio Bill ti vendeva qualcosa, allora il vecchio Bill doveva parlarti per almeno un quarto d’ora di quello che ti aveva appena venduto.
«Cos’hai da ridere?», chiese Kaila vagamente infastidita.
«Ehm… chi io? No, niente», si affrettò a rispondere Timmy facendo il vago. «Mi chiedevo come facessi a sapere dell'esistenza del negozio del vecchio Bill, ma non sapessi nulla di lui. Non capisco se sei di queste parti o no, perché cerco di sforzarmi ma non riesco proprio a ricordarti… e una tipa come te non passa certo inosservata».
La ragazza aggrottò la fronte in un'espressione crucciata. «Cos'è questo, un interrogatorio? Piantala di fare inutili domande», disse visibilmente nervosa. Poi senza altre spiegazioni si avvicinò alla porta con sopra l’insegna di legno e la guardò per qualche istante. «Allora, è da qui che si entra?», chiese infine cercando di cambiare discorso.
«Eh già», replicò sommessamente Timmy con una scrollata di spalle, intuendo l'intolleranza della batterista alle domande sulla sua vita privata.
Nel frattempo, Kaila si accorse, aprendo la porta, di come l’esterno del negozio potesse essere scialbo e anonimo, a dispetto di un interno decisamente più sorprendente.
Il vocalizzo penetrante di “Robert Plant” in “Since I've been loving you”, che risuonava dalle casse dell’interfono, stava riecheggiando in un’unica ampia stanza di oltre duecento metri quadri che per la quasi totalità era ricoperta da un’infinità smisurata di strumenti e apparecchiature musicali di ogni genere. Persino le pareti erano state sfruttate per appendere non solo bassi e chitarre, sia elettrici che acustici, ma anche vestiti e suppellettili di scena delle più stravaganti fattezze. Qualunque fosse la tua necessità in fatto di musica, il negozio del vecchio Bill sembrava poterla soddisfare… l’unico problema era trovarla.
Infatti, in tutto quel marasma di oggetti variegati, non esisteva alcun nesso logico di disposizione. Si poteva trovare di tutto accanto a tutto, senza alcuna indicazione o scomparto che potesse facilitare un’eventuale ricerca.
In molti pensavano che il vecchio Bill fosse un patologico “accumulatore seriale”, anche se lui diceva sempre che essendo stato un grande fonico, ogni cosa era disposta nell’esatto punto in cui poteva trovarla. Il problema era che solo lui riusciva a farlo.
Nonostante molto spesso la memoria di quel vecchio facesse cilecca, su alcune cose non peccava mai: come riuscire a ricordare tutte le date dei concerti a cui aveva lavorato, le celebrità per cui aveva settato i suoni, le caratteristiche tecniche di ogni tipo di strumentazione in suo possesso, ed ogni cosa che lo riconducesse a quel passato glorioso ormai sfumato via.
Non era chiaro quanto ci fosse di vero nelle storie che era solito raccontare, l’unica cosa certa era il modo impeccabile con cui conservava la sua merce, benché il caos più totale regnasse sovrano. E davanti a quello spettacolo inconsueto, Timmy riuscì a vedere finalmente un’espressione di stupore apparire sul volto di Kaila.
«Ma che…», provò a dire la ragazza cercando una risposta tra i suoi pensieri.
«Sì, lo so», intervenne Timmy con tono superficiale. «Non farci caso, la prima volta fa a tutti questo effetto. Ci farai l’abitudine» e detto ciò, fece per avventurarsi in un sentiero tra una schiera di chitarre elettriche «EHI, BILL!!» gridò poi a gran voce «CI SEI?».

Da sotto un bancone, che all’apparenza sembrava un ammasso di strumenti accantonati, spuntò il volto di un anziano dall’aspetto di un ultra settantenne con l’espressione stralunata a una bizzarra capigliatura brizzolata che gli circondava la testa, lasciando la parte superiore completamente glabra. Sul logoro camice bianco che aveva indosso era appuntata una storta targhetta sbiadita, dalla quale la scritta “Bill” era quasi impossibile da leggere.
«Ohi, Sammy», disse l’uomo con una sottile voce traballante «Cosa fai qui??».
Timmy scosse la testa sconsolato, ignorando il fatto di dover correggere ancora una volta il proprio nome. «SONO VENUTO A RIPRENDERE L’AMPLIFICATORE CHE CARL E JIM TI HANNO PORTATO IERI!!», proseguì urlando come se quel tizio fosse ad un chilometro di distanza.
«L’alternatore??», chiese il vecchio con espressione sorpresa «I tuoi amici non mi hanno mica portato un alternatore».
«AM-PLI-FI-CA-TO-RE!!!», ripeté nuovamente il ragazzo scandendo ogni sillaba ad alta voce.
«Ah!», esclamò Bill sorridendo. «L’amplificatore! Voi giovani dovete smetterla di farfugliare le parole come se foste sempre con qualcosa in bocca …», quindi si voltò e continuò a lamentarsi della società moderna, scomparendo dietro un mucchio di vecchie casse enormi. Quando fece ritorno, stava ancora perpetrando nel monologo trascinando con un piccolo carrello a rotelle il Peavy 65 watt. «Ai miei tempi non avevamo le comodità di adesso, eppure, fidati ragazzo mio, si viveva molto meglio…».
«TI RINGRAZIO, BILL!!!», lo interruppe Timmy facendo il gesto di aiutarlo a prendere l’amplificatore. Con molta probabilità la questione sarebbe andata per le lunghe e lui non aveva altro tempo da dedicare alle sue storie folcloristiche «QUANTO TI DEVO?!».
Il vecchio lasciò la presa e sembrò attendere qualche istante per capire la domanda. Poi, dopo un paio di calcoli mentali, disse: «Sono cinquanta per la manodopera e venticinque per l’alimentatore che ho dovuto cambiare».
“Ma porc…”, pensò Timmy contrariato. Con sé non aveva tutto quel denaro, dato che gli ultimi due giorni lo aveva praticamente lasciato a secco. Ma soprattutto, non sarebbe stato affatto facile da reperire anche in futuro. «PUOI METTERLO SUL MIO CONTO?», chiese ad alta voce, sperando di aver ancora possibilità di credito.
«Ma certo, Sammy», gli rispose l’altro afferrando un vecchio libro dalle pagine ingiallite. «Con questi settantacinque ora sei a… ottocento-sedici», disse prima di annotare l’ultimo importo.
Il cuore di Timmy ebbe un sussulto.
«Ti ricordo che alla fine del mese dovresti saldarne almeno la metà», aggiunse Bill sottoponendo il cuore di Timmy ad un altro sussulto.
«VA… VA BENE», disse il ragazzo senza troppa convinzione. «NON C’E’ PROBLEMA», proseguì imperterrito nella sua menzogna, ben sapendo che di problemi ce n’erano, eccome.
«Non so neanche io come ho fatto, ma in tutto questo bordello sono riuscita a trovare un mixer perfetto per la nostra sala», irruppe Kaila sorprendendo Timmy alle spalle. «E un nuovo crash per la mia batteria, dato che quello che ho adesso suona come un campanaccio tirolese fracassato».
I due oggetti vennero posati sul bancone come fossero sul rullo di un supermercato pronti per essere battuti da una cassiera… che infatti, non si fece attendere. «Ottima scelta, ragazza mia!», disse Bill spalancando gli occhi. «Il crash è uno “Zildjian” da quattordici pollici, mentre il mixer è un “Phonic Acapela” da sedici canali con equalizzazione digitale. Posso farti pagare tutto cinque-e-venti»
Ora il cuore di Timmy smise completamente di battere.
«EHM… NO, ASPETTA, BILL…», replicò il ragazzo pallido in volto per poi rivolgersi a quella squinternata che aveva di fianco. «Ma che ti salta in mente?», le disse con un’adirata voce sottile. «Per chi diavolo mi hai preso, per la Sony Records? Dove li vado a prendere tutti questi soldi?».
«Senti, spilorcio», replicò lei senza scomporsi, «al crash posso anche rinunciare, ma il mixer ci serve se vogliamo avere una buona equalizzazione dei suoni».
«Il mixer posso mettertelo a quattro-e-cinquanta», si intromise Bill che improvvisamente sembrava aver riacquistato un udito molto sensibile. «Sai, una volta stavo lavorando con un mixer di questa marca ad un concerto di Janis Joplin, quando nel calibrare il volume del suo microfono le ho chiesto di spararmi una scala con l’intensità più elevata che potesse ed è stato fantastico sentire quella voce graffiante raggiungere una variazione così…».
«EHM… ANCORA UN SECONDO, BILL», disse Timmy indaffarato nel tenere a freno la divagante parlantina di quel vecchio e la spregiudicatezza della sua costosa amica. «Ascoltami, Kaila», le disse con un filo di nervosismo nella voce. «Non posso permettermi entrambi. Quindi, o prendo l’amplificatore, oppure prendo il mixer… ma, visto che sei certa del fatto che oggi avremo un nuovo bassista, non credo sia il caso di farlo suonare in unplugged».
La ragazza rimase impassibile come sempre, limitandosi ad inarcare un sopracciglio in un’espressione contrariata del volto. «Fai un po’ come ti pare», rispose senza aggiungere altro.
Timmy tirò un sospiro di sollievo. «GRAZIE, BILL, MA RIPRENDIAMO SOLO L’AMPLIFICATORE», disse salutando il vecchio negoziante prima di avviarsi verso l’uscita con il Peavy in mano.
«Non aver preso quel mixer è stato un errore», commentò Kaila una volta fuori «e presto te ne pentirai».
“Sono già molte le cose di cui mi pento”. pensò Timmy vedendo la ragazza salire in sella al suo motorino.

Il viaggio di ritorno verso la sala prove fu ancor più travagliato dell’andata.
L’amplificatore posizionato sul poggia-piedi, proprio sotto al manubrio, avrebbe dovuto suggerire a chiunque una guida più prudente, ma a quanto pareva, la parola “prudenza” non faceva parte del vocabolario di Kaila. Con il cuore in gola e un vorticante senso di nausea, Timmy ringraziò il cielo di essere ancora tutto interno quando lo scooter si fermò davanti alla porta della Black Note.
«Cavolo, avete fatto in fretta!», disse Jim uscendo dalla porta della sala prove.
A quel commento, Timmy preferì non rispondere, quindi cambiò discorso «Nessuna notizia del nuovo bassista?», chiese guardandosi attorno.
«Nada», replicò l’altro scuotendo gli ispidi capelli verdi che aveva in testa «E vista l’ora credo proprio che non verrà affatto».
«Vi ho già detto che ci sarà», proruppe Kaila con fermezza «ora portate dentro questo amplificatore e collegatelo, senza far altri danni».
I due ragazzi si guardarono un po’ seccati, ma alla fine fecero come gli era stato richiesto. All’interno, Carl stava pizzicando le varie corde della chitarra per testare il nuovo accordatore elettrico, che non appena raggiunta la nota indicata dal display, emise un lungo “Biiiiiip”.
«Uh, già di ritorno?», chiese vedendo entrare i due compagni con l’amplificatore in mano. «Avete fatto in un lampo» e anche qui, Timmy preferì non commentare.
«Già, peccato che il loro viaggio sia stato inutile», replicò Jim con un filo di voce. «Perché credo che non ci sarà proprio nessun bassista ad utilizzare questo amplificatore».
«Guarda che ti ho sentito, stupido idiota», commentò Kaila entrando nella sala prove. «E per l’ultima volta, lui verrà, quindi vedete di piantarla di perdere tempo e preparatevi», concluse seccata, mettendosi poi seduta sullo sgabello ad aggiustare la posizione dei vari componenti della batteria.
«Non per fare troppo lo scettico», intervenne Jim mostrando un evidente tono sarcastico, «ma quanto tempo credi che dovremmo aspettare? Perché io, ad una “certa” vorrei anche andare a mangiare».
Carl trattenne a stento un sorriso, mentre Timmy sperò vivamente che la ragazza non desse di matto. Un silenzio fin troppo preoccupate perdurò per qualche secondo, poi, dall’esterno, il rombo scoppiettante di una moto attirò l’attenzione di tutti.
«Non preoccuparti, “istrice brufoloso”», disse Kaila mostrando un sorrisetto irriverente, «a quanto pare puoi anche avvertire la mammina che sarai a casa in tempo per la cena».
Intenzionato a verificare che lì fuori ci fosse realmente il nuovo membro del gruppo, Timmy lasciò il battibecco tra i due ed uscì. All’esterno della sala, una vecchia Harley Davidson con la sella sfrangiata ed un manubrio esageratamente ampio, era stata parcheggiata poco distante dallo scooter di Kaila.
Dopo essere sceso lentamente dalla moto, un tizio dai lisci capelli unti, lo sguardo scostante e un abbigliamento trasandato, gli si fece incontro con in mano una lunga custodia usurata e uno striminzito mozzicone di sigaretta che gli penzolava dalla bocca.
«Ciao… ehm… Slide, giusto?», disse Timmy porgendogli la mano con una certa titubanza «io sono…».


Seguici anche su Facebook e Twitter!



Fine terzo episodio. Stay tuned per il prossimo.